Il Pellegrinaggio a Tindari...Storia, tradizione e devozione

Rientro del Pellegrinaggio 2022
 Il pellegrinaggio a Tindari ha origini antichissime. Tante sono le ipotesi sulla ragione per cui i mandanicesi antichi, nel passato, hanno deciso di recarsi annualmente al cospetto della Madonna Nera. Lo stesso culto della Vergine di Tindari ha origini molto antiche, sulle quali si possono fare molte considerazioni, ma poche sono certe. Armando Carpo, a pag. 297 del libro "Mandanici memorie da non perdere" fa riferimento alla dinastia dei famosi "tammurinari" mandanicesi, coloro che al suono del tamburo accompagnano i pellegrini. Nel 1785 Andrea Urso proveniente da Fluminis Dionisis (Fiumedinisi) fu Giovanni e fu Caterina Bombara sposò la mandanicese Sebastiana Crimi. Probabilmente fu lui il primo tammurinaru. La tradizione vuole che il primo pellegrinaggio fosse atto di ringraziamento alla Vergine per avere liberato il paese da una pericolosa invasione di formiche rosse. Infatti i pellegrini vengono ancora detti "Fummiculari". Sempre Armando Carpo ci spiega che nel 1783 la Sicilia fu infestata da insetti molto pericolosi, la stessa cosa avvenne nel 1657 e nel 1910 a Mandanici in particolare. Per cui c'è una parte di verità nella leggenda. Altra ipotesi, può essere il ringraziamento fatto alla Madonna per avere protetto Mandanici dalla peste del 1743. Nel periodico "Il Tindari" del 1896 un autore ignoto fa riferimento al pellegrinaggio dei mandanicesi dicendo che fosse "invariato da due secoli". Altra testimonianza si trova  a pagina 10 del mensile “L'ECO del TINDARI” n.6 del giugno 1926 che pure integralmente trascriviamo:”Il secondo sabato di Maggio è stato solenne pel pellegrinaggio di Mandanici. Un numero di circa duecento pellegrini giungeva, come quello di Misserio-Casalvecchio, a piè della Vergine del Tindari dopo 24 ore di cammino a piedi attraverso ardue montagne e profonde vallate. L'ordine notevole e meraviglioso nel quale si è svolto quest'anno il detto pellegrinaggio devesi oltre alla viva e indiscussa fede dei pellegrini di Mandanici, alla sapiente organizzazione del Sig.Presidente Ernesto Lenzo fu Giuseppe e dei componenti la commissione Valenti Paolo, Di Leo Salvatore, Levini Ottavio, Ravidà Giuseppe, i quali per la prima volta hanno introdotto l'uso della tessera che ha dato ottimi risultati. Non si elogia abbastanza,per quanto si dice e si scrive,la tenera devozione di questo popolo verso la Gran Madre del Tindari. Come l'anno precedente,la sera dell'8 maggio verso le ore 20,30 la Commissione del Pellegrinaggio con il loro Presidente,le persone più notabili e i PP: del Santuario si sono riuniti e hanno discusso per lo sviluppo maggiore del loro pellegrinaggio. A questo pellegrinaggio si sono uniti una trentina di Pagliarini, veri devoti della Tindaritana Regina, i quali nella loro sincera devozione e nel loro vivo entusiasmo han deliberato di organizzare per conto proprio un altro edificante pellegrinaggio.” Soffermiamoci adesso sul percorso e sulla relativa toponomastica.
Santuario della B.V. di Tindari
Secondo Aurora Albert questa era la strada degli eserciti, per il Cav. Mazzullo avrebbe dovuto rappresentare la riscossa e lo sviluppo per Mandanici, in quanto costituiva il collegamento diretto con la costa Tirrenica. Quella di Mazzullo fu forse un'utopia, infatti la strada carrozzabile non venne mai completata, si arrivò all'inizio degli anni '60 ad asfaltare fino alla contrada Mazzuso, dove termina la SP 25 Roccalumera- Mandanici. Ma questa è un'altra storia. Questo percorso fu forse usato dal Gran Conte Ruggero d'Altavilla per trasportare il corpo del nipote da Taormina a Gala. Secondo p. Giovanni Parisi rappresenta lo "stenà" utilizzato da Sesto Pompeo nel 36 a.C. Immaginiamo quindi la partenza del Pellegrinaggio. Alla mezzanotte, con il suono incessante da campana a longu e del tamburo, si esce dalla chiesa Matrice. Si percorre la via Torrente Cavallo e si arriva sul corso Mazzullo all'icona della Madonnina. Successivamente si arriva alla contrada SS. Salvatore (sutta e ruvula), dove le ultime abitazioni segnano la fine del centro abitato. Di seguito si passa per  
Firricchio, Carùsu, Pietrafitta o Passo della Provvidenza, Barréra, Mazzusu, Riotto, Marinara-Brigghiu, Babbuna, Scarrunumoddu, Fossa Lupo, da lì con tornanti serpeggianti si saliva fino a Portella fossa lupo (ove trovasi la pineta detta “e pignara”), Valanca Baddi (Valanca balle), Rutta Campana (grotta campana), Puttedda fimmina motta, Puttedda iaddili. Da Iaddili, dove quasi tutti i Comuni ionici hanno eretto edicole votive dedicate alla Madonna del Tindari, è possibile vedere in lontananza il Santuario. Si scende quindi verso 
Tomba di Adelasia, nella cattedrale di Patti
ghianu maggi (piano margi) (territorio del Comune di Castroreale a 900 msl). Da Piano Margi utilizzando un tragitto più breve è possibile arrivare a Bafia. Ed era questo il percorso del pellegrinaggio che poi continuava per Rodì fino alla confluenza con la statale sul ponte di Mazzarà S.Andrea. Diamo spazio, adesso ad un altra interessante ipotesi, questa frutto dell'interesse dì Francesco Misiti, il quale la riporta anche nell'articolo dell'8/10/2019 sulla Gazzetta del Sud. Partiamo quindi dalle nozze di Baldovino I di Gerusalemme che nel 1113 sposa Adelasia del Vasto ( figlia del marchese di Savona e della Liguria occidentale, Piemonte, 1074 - Patti, 1118), già moglie di Ruggero I e madre di Ruggero II. Il matrimonio fu tuttavia annullato, poichè Baldovino risultava già sposato con Arda D'Armenia. Adelasia ritornò quindi in Sicilia da Gerusalemme, e si ritirò nel convento di Patti, pur senza prendere i voti. Alla sua morte fu sepolta nella cattedrale di Patti. L'ipotesi è la seguente: si può pensare che Adelasia, scortata dai cavalieri dell'ordine di San Giovanni di Gerusalemme, avesse potuto portare con sè il simulacro della Madonna Nera. Il simulacro è uno dei 750 censiti in Europa, molti dei quali hanno un'altezza compresa tra 50 e 70 cm, dimensioni idonee, quindi, al trasporto nella bisaccia dei cavalieri. 
Simulacro
Le statue sono sparse in tutta Europa perché portate, probabilmente, dai cavalieri ospitalieri, dai cavalieri teutonici e soprattutto dai cavalieri del tempio di Salomone (meglio noti come Templari), durante i loro rispettivi viaggi dalla Terra Santa verso la madrepatria. Nel Medioevo, i pellegrinaggi avevano forti motivazioni religiose, per cui recarsi in pellegrinaggio a Gerusalemme doveva portare al perdono dei propri peccati. Andare a venerare, come nel nostro caso, un simulacro arrivato da Gerusalemme sicuramente poteva sostituire il pellegrinaggio in Terra santa, che non era (allora più oggi) cosa particolarmente facile. I Pellegrinaggi dei mandanicesi sicuramente furono tra i primi, poichè essi si recavano nella zona tirrenica anche per riscuotere i beni prodotti da alcune proprietà del Monastero dell'Annunziata, sito nella contrada Badia. Il Monastero possedeva infatti una grangia (chiesa rurale) a Gualtieri Sicaminò. Sicuramente i mandanicesi appresero proprio grazie a questi viaggi l'esistenza del simulacro. Questo articolo funge da sunto alle varie fonti reperite, quindi mette insieme varie ipotesi, senza intenzione alcuna di rubare idee altrui. Questo vuole essere un ulteriore invito e sprono alla ricerca di informazioni, per il piacere e passione per la storia locale. Si ringraziano quindi le persone sopra citate per il loro impegno e per il loro studio. 

G.C.

Fonti:

- Libro: Mandanici memorie da non perdere di A. Carpo;

- sito web della Gazzetta del Sud (https://messina.gazzettadelsud.it/articoli/cultura/2019/10/08/la-madonna-di-tindari-e-le-origini-del-culto-il-simulacro-uno-dei-750-censiti-in-tutta-europa-8b6b3c58-6c41-4933-88d2-0989ead7d5ae/)

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